La prima cosa che ho scritto di questo libro è stata il finale. Avevo voglia di raccontare un momento lontano che mi era tornato in mente quasi per caso, come succede a volte quando si smette di dar retta ai pensieri aggrovigliati e ne arriva uno che prende forma da solo, limpido, luminoso.
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Era un ricordo legato al mio babbo e al suo sguardo, e ho buttato giù qualche riga cercando di rammentare dove eravamo quando è successo, quali fossero i colori, le forme della campagna che avevamo intorno.In Quando arriva la musica la campagna compare spesso, perché è un libro dove racconto una parte della mia infanzia e la campagna ne è stata la cornice: una cornice per niente “rileccata”, come si dice a Firenze quando si intende qualcosa di sistemato e composto, fin troppo perbene, quasi di finto. La mia campagna è stata quella dove erano cresciuti i miei genitori, quella dei loro paesi d’origine; io l’ho vissuta negli anni Ottanta e loro ai tempi della guerra, e l’ho sempre sentita, fin da piccolissima, come un luogo affascinante, misterioso e benevolo allo stesso tempo e, soprattutto, pieno di storie. Me le raccontavano mio padre e mia madre, le storie del loro passato, ma le vivevo anche io, le storie vere e immaginarie, soprattutto quando trascorrevo in quei paesi piccoli, tra Romagna e Toscana, le lunghe estati arroventate dell’era delle spalline imbottite sui vestiti e dei capelli laccati oltre ogni misura... Età di lettura: da 10 anni.