«Ogni volta che rivedo la mia vita fissala e oggettiva sono preso dall'angoscia, soprattutto quando si tratta di notizie che ho fornito io [...1, spero sempre d'aggirare il mio rapporto nevrotico con l'autobiografia.»1 Italo Calvino non amava parlare di sé. Era difficile superare la sua ritrosia, eppure lo scrittore ci ha lasciato varie tracce.
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Per esempio, scrisse la propria autobiografia in forma di "Nota introduttiva" a Gli amori difficili del 1970, rispondendo all'invito di Elio Filippo Accrocca, ma anche uno spiritoso curriculum per Franco Maria Ricci e rilasciò numerose interviste di "memoria". Sono usciti postumi La strada di San Giovanni, affresco di ricordi, ed Eremita a Parigi che, nonostante i passaggi mancanti, racconta alcuni tempi della vita dello scrittore. Avevamo i frammenti e le combinazioni che Calvino ci aveva trasmesso e questo volume è stato il lento svelare del loro ordine. Abbiamo avuto l'impressione di entrare in una specie di giallo. Le sue fotografie sul tavolino come i suoi amati tarocchi. Un film con suspense: eccolo camminare accanto al padre per le strade dell'infanzia, "filosofare" sul lungomare, evocare battaglie, stupirsi di ragni, alberi e cavalieri, leggere i libri degli altri, poi improvvisamente sparire con un colpo di scena e cominciare a ingiallire, e ritornare, cercando invisibili fili da dipanare e cose da guardare, fino alla fine. «Dalla muta distesa delle cose deve partire un segno, un richiamo, un amico: una cosa si stacca dalle altre con l'intenzione di significare qualcosa... Le occasioni di questo genere non sono certo frequenti, ma prima o poi dovranno pur presentarsi: basta aspettare che si verifichi una di quelle fortunate coincidenze in cui il mondo vuole guardare ed essere guardato nel medesimo istante e il signor Palomar si trovi a passare lì in mezzo. Ossia, il signor Palomar non deve nemmeno aspettare, perché queste cose accadono soltanto quando meno ci s'aspetta.»