La sua vita incarnò l'essenza originaria del movimento nazionale palestinese e della sua lunga lotta per l'indipendenza.
Il 4 luglio 1974 con la morte a Beirut di Hâjj Amîn al-Husaynî, Gran Mufti di Gerusalemme, finiva un lungo capitolo nella recente storia della Palestina.
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Esponente di primo piano del mondo arabo e di quello islamico, fondatore del movimento nazionale palestinese, la sua storia s'identificò, in gran parte, con quella della sua patria e del suo popolo, di cui fu il leader incontrastato, seppur discusso, per più di trent'anni. Unità e indipendenza del mondo arabo, solidarietà islamica e lotta di liberazione palestinese furono gli obiettivi per cui lottò fino agli anni Cinquanta e anche dopo, schierandosi di volta in volta al fianco di chi - da Mussolini a Hitler, da 'Abd al-Nâser a re Husayn di Giordania - sembrò poter contribuire al suo progetto, secondo una concezione «machiavellica» della politica che lo indusse a stringere contemporaneamente la mano al leader dei Black Muslims, Malcom X, e al Primo ministro della Cina comunista Chou En-Lai. Non c'è quasi nulla nella dottrina dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina e nella carta del Consiglio Nazionale Palestinese che non sia stato già concepito da lui o da lui, indirettamnete, ispirato.