«Chi discute con i morti, chi ne trae una lezione? Chi ha il coraggio di chiedergli che cosa è stato giusto, che cosa sbagliato, che cosa dobbiamo fare? Con i morti non si parla». «Non è vero». Gli hanno dato del «secolo breve» ma, forse perché finora non è stato sostituito da nulla di apparentemente durevole o significativo, il Novecento non accenna a tramontare.
[...]
È stato uno sconcertante contenitore di conflitti (anche mondiali), di ideologie (anche mostruose), di idee (anche geniali), di impegno (anche estremo). E dell’impegno di Rossana Rossanda – voce scomoda, abrasiva, coerente e appassionata del panorama politico e giornalistico italiano nessuno può dubitare. Ma, tra le pagine di questo libro, a emergere sono piuttosto il coinvolgimento e l’appartenenza a quel secolo contraddittorio e irripetibile che ha creduto nella memoria: forse sbagliando per l’ennesima volta, ma speriamo di no. Ricordare, mentre escono di scena, personaggi noti a tutti e amici cari noti soprattutto a lei sottolinea, in Rossanda, il talento da “autobiografa” del Novecento. Nell’ampia scelta di necrologi (oltre la metà del totale) proposta da Franco Moretti, saranno ancora in molti a riconoscere figure celebri della politica, dell’arte, della cultura (da Pablo Picasso a Herbert Marcuse, da Enrico Berlinguer a Natalia Ginzburg). Altre no, non più. O non ancora. Perché con i morti, dei morti, si deve parlare eccome. I morti ci appartengono, con tutto ciò che della nostra vita già sanno e possono insegnarci, anche a cambiare o a trovare.