Da queste lettere "quasi d'amore" a un'amica norvegese, scritte alla vigilia della seconda guerra mondiale, emerge un Flaiano lieve e malinconico, incantato dalla grazia di Lilli e dal suo "cuore puro".
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Emerge altresì il grande amore per Roma, il particolare rapporto che con essa intrattiene un gruppo di intellettuali che in quegli estremi "anni del consenso" celebrano ogni notte, di contro alla retorica del regime, l'antico mito letterario dello spleen. Di questa Roma minore, inedita, segreta, improvvisamente ottocentesca e belliana, Giuliano Briganti delinea nella Prefazione un ritratto di rara efficacia.