Non sono poche le descrizioni della peste nella letteratura: quella solenne di Tucidide, quella severa di Lucrezia, quella pensosa di Boccaccio, quella commossa e misurata di Manzoni.
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Ma questo diario della peste di Londra (1665) si impone per la forza della scrittura, realistica e visionaria insieme, e per la drammaticità sobria e vivida che suona - grazie anche alla magistrale traduzione di Vittorini - straordinariamente moderna. Il capostipite della grande tradizione del romanzo inglese lo compose nel 1722 sulle testimonianze orali e scritte del tempo. Dei capolavori di Defoe, osserva Vittorini, "è uno dei meno noti, e tuttavia contiene forse le pagine più belle che egli abbia scritto".
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