"I francesi mi invitarono, assieme a Fellner e il gruppo musicale, nei loro uffici. Mi chiamavano "italiano piccolo Gigli". Cantammo e suonammo tutta la sera, ma a un tratto la luce lampeggiò tre volte. Era il segnale proveniente dall'ingresso che era entrato il Lager Fùhrer e che bisognava scappare. Sul momento io non capii.
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Rimasi fermo e perplesso mentre tutti se la davano a gambe levate. Ricordo ancora che la fisarmonica pendeva da una sedia, la chitarra a terra, così pure il violino. Quella esitazione mi fu fatale." Può la bellezza di una voce o una semplice canzone salvare una vita umana? E quello che è successo al baritono Eno Mucchiutti, deportato politico triestino, che ha vissuto undici mesi tra Dachau, Mauthausen, Melk ed Ebensee. Eno, numero 98748, lavora in condizioni estreme nella cava di Mauthausen, percorre più e più volte la famigerata Totestiege ("scala della morte"), scava, ridotto in schiavitù, nelle asfissianti gallerie di Melk. Ma Eno canta. E canta divinamente. I tedeschi lo vengono a sapere, e questo lo aiuta in diversi frangenti, vista la risaputa passione da parte delle SS tedesche verso la musica, specialmente quella italiana. La musica non gli evita le sofferenze, ma in più di una circostanza gli salva la vita. La sua voce, una volta liberata, ha permesso a Mucchiutti di iniziare una carriera di livello internazionale cantando con moltissimi cantanti di fama mondiale nei principali teatri italiani e internazionali.